LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Ha   emesso   la   seguente  ordinanza,  sul  ricorso  n. 478/04,
depositato    il    29   aprile   2004,   avverso   avviso   recupero
n. RE3CR0500030/2004  assente  2002,  credito imposta, contro Agenzia
entrate  Ufficio  Benevento proposto dal ricorrente: 3S S.r.l., rapp.
te leg. De Curtis Antonietta, via Costantino Crisci 33 - 82010 Moiano
(Benevento),  difeso da: Cuozzo dott. Giovanni, via Giovanni XXIII 11
- 82010 Moiano (Benevento).

                      Svolgimento del processo

    Con  atto di recupero di credito n. RE3CR0500030/2004, notificato
in  data 9 marzo 2004, l'Agenzia delle Entrate di Benevento procedeva
nei  confronti  della  soc.  3  S  a  r.l. al recupero del credito di
imposta relativamente alle agevolazioni di cui all'art. 8 della legge
23  dicembre 2000 n. 388, deducendo, fra l'altro, che la societa' non
aveva  adempiuto  all'obbligo  dell'invio del modello CVS all'Agenzia
delle  entrate  entro  il  28  febbraio  2003.  L'ufficio recuperava,
quindi,  l'intero  importo  del  credito  di  imposta  con i relativi
interessi, applicando, altresi', le relative sanzioni.
    Avverso   il   predetto   atto  proponeva  ricorso  la  societa'.
Contestava,  nel merito, la pretesa fiscale ritenendola illegittima e
chiedeva  l'annullamento dell'atto di recupero. Deduceva, fra l'altro
che  l'art. 62  della  legge  n. 289  del  27  dicembre  2002  era da
considerare illegittimo per i seguenti motivi:
        a)   perche'  assegnava  al  contribuente,  per  l'invio  del
menzionato  modello  CVS,  un termine inferiore a sessanta giorni, in
violazione dell'art. 3 dello Statuto del contribuente;
        b)   perche'   introduceva   una   norma   avente   efficacia
retroattiva,  andando esso ad incidere, su diritti gia' acquisiti, in
violazione dell'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale.
    Resisteva  l'Agenzia  delle  entrate con memoria di costituzione.
Eccepiva  fra  l'altro  la  inammissibilita'  del ricorso perche' non
sottoscritto  dal difensore abilitato ai sensi del combinato disposto
degli artt. 3 e 4 del d.lgs. n. 546 del 1992.

                       Motivi della decisione

    Vanno  preliminarmente  esaminate  le  eccezioni  con le quali la
societa' ricorrente deduce la illegittimita' dell'art. 62 della legge
n. 289 del 27 dicembre 2002:
        a) per violazione dell'art. 3 dello Statuto del contribuente,
nella  parte in cui esso art. 62 prevede un termine di adempimento, a
carico del contribuente, inferiore a sessanta giorni;
        b) per violazione dell'art. 11 delle disposizioni della legge
in  generale,  nella parte in cui esso finisce per assumere efficacia
retroattiva, andando ad incidere su diritti gia' acquisiti.
    Dette  eccezioni  si traducono, a giudizio di questo Collegio, in
una  eccezione  di  illegittimita'  costituzionale del citato art. 62
della  legge  n. 289/2002,  per contrasto con gli artt. 97 e 24 della
Costituzione.
    Al  fine  di valutare la rilevanza della prospettata eccezione di
legittimita'   costituzionale,   che   viene,   comunque,   sollevata
d'ufficio,  e'  necessario  esaminare  in  primo luogo l'eccezione di
nullita'  del  ricorso  introduttivo  sollevata  dall'ufficio  per la
mancata  sottoscrizione da parte del difensore. E' evidente, infatti,
che  la  eventuale  fondatezza  di  detta  eccezione,  importando  la
nullita'  del  ricorso  introduttivo, renderebbe ininfluente, ai fini
della    decisione,   la   menzionata   questione   di   legittimita'
costituzionale.
    Va  rilevato  in  proposito,  in punto di fatto, che, nel caso di
specie,  il  ricorso  e'  stato  sottoscritto  dalla parte, mentre il
mandato  conferito  al  difensore  abilitato,  rilasciato in calce al
ricorso,  risulta  sottoscritto dal difensore per l'autentica. Orbene
e'  da  ritenere,  conformemente  ad autorevole giurisprudenza in tal
senso,   che   la   sottoscrizione   del   difensore,   apposta   per
autenticazione in calce alla procura difensiva, e' idonea, da sola, a
legittimare la piena validita' del ricorso.
    Tanto  premesso  e'  da considerare senz'altro rilevante, ai fini
della  decisione  della presente controversia, la sollevata eccezione
di   legittimita'   costituzionale,  sia  sotto  il  profilo  innanzi
esaminato,  sia  sotto  ogni  altro  profilo  essendo evidente che la
eventuale  illegittimita'  costituzionale  dell'art. 62  della  legge
n. 289/2002,   finirebbe   per   travolgere   la  pretesa  tributaria
dell'ufficio che in detta norma trova il suo fondamento.
    La  sollevata  eccezione  di  legittimita' costituzionale appare,
altresi',  non  manifestamente  infondata  per  i  motivi  di seguito
riportati.
    Va  premesso,  in  punto  di  fatto,  che l'art. 8 della legge 23
dicembre  2000,  n. 388  attribuisce  alle imprese «che attuano nuovi
investimenti»,  «un  contributo  nella  forma di credito di imposta»,
condizionando  detta  attribuzione  all'invio al «centro operativo di
Pescara   dell'Agenzia  delle  entrate  una  istanza  contenente  gli
elementi  identificativi dell'impresa, l'ammortamento complessivo dei
nuovi  investimenti e la ripartizione regionale degli stessi, nonche'
l'impegno,  a  pena  di  disconoscimento del beneficio, ad avviare la
realizzazione   degli   investimenti  successivamente  alla  data  di
presentazione  della medesima istanza e comunque entro sei mesi dalla
predetta data».
    L'art. 62 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, entrata in vigore
il  1°  gennaio  2003  ha sancito l'obbligo per «i soggetti che hanno
conseguito  il  diritto  a  contributo anteriormente alla data dell'8
luglio  2002»,  di  inviare  entro  il  28  febbraio 2003, «a pena di
decadenza  dal  contributo conseguito automaticamente» ed utilizzando
un modello da predisporsi dal direttore dell'Agenzia delle entrate, i
dati  occorrenti  per  la ricognizione degli investimenti realizzati.
Appare   evidente,   da  quanto  sopra  riportato,  che  il  disposto
dell'art. 62  della citata legge n. 289 del 2002 realizza una duplice
violazione dell'art. 3 dello Statuto del contribuente. Esso, infatti,
si configura, per un verso, come retroattivo, andando ad incidere sul
diritto   al   contributo  gia'  in  precedenza  maturato  in  favore
dell'imprenditore, contravvenendo, in tal modo al disposto del citato
art. 3,  primo  comma;  viola,  per altro verso, il secondo comma del
medesimo  art. 3,  ponendo  a  carico  del soggetto un adempimento da
realizzarsi in un periodo di tempo inferiore ai sessanta giorni.
    Orbene  le  predette  violazioni  dell'art. 3  dello  Statuto del
contribuente   si   configurano,   altresi',   a   parere  di  questa
Commissione; come violazioni degli artt. 97 e 24 della Costituzione.
    L'art. 1  dello  Statuto  del contribuente sancisce espressamente
che  le  disposizioni  in  esso contenute sono dettate «in attuazione
degli artt. 3, 23, 53 e 97 della Costituzione». Il che significa che,
a  giudizio  del  legislatore,  ogni  disposizione  precettiva  dello
Statuto   del   contribuente   e'   espressione   di   un   principio
costituzionale.  La  regola  enunciata  ha trovato piena applicazione
nella  giurisprudenza  della Corte di cassazione la quale, dopo avere
ripetutamente  statuito che il dubbio interpretativo sulla portata di
una   qualsiasi   disposizione   tributaria   deve   essere   risolto
dall'interprete nel senso piu' conforme ai principi dello Statuto, ha
aggiunto,  significativamente,  (Cass.  14 aprile 2004, n. 7080) «che
l'interpretazione  conforme  a  statuto  si  risolve,  in definitiva,
nell'interpretazione conforme alle norme costituzionali richiamate».
    E',  ovviamente,  compito  dell'interprete individuare i principi
costituzionali  contenuti  in  ogni  singola  norma dello Statuto del
contribuente.  In  siffato,  compito, pero' l'interprete non puo' non
tener  conto  delle  indicazioni, anche indirette, che provengono dal
legislatore medesimo.
    Con specifico riguardo all'art. 3 dello Statuto del contribuente,
e'  da  ritenere  che il legislatore abbia avvertito la necessita' di
sancire   la   irretroattivita'   della   legge   tributaria   e   la
impossibilita'  di  assegnare  al contribuente, per gli adempimenti a
suo  carico,  un termine inferiore a sessanta giorni, sul presupposto
che  la  retroattivita'  della  predetta legge e l'assegnazione di un
termine  inferiore  ai sessanta giorni, sia contrario al principio di
correttezza  e buona fede cui devono essere improntati i rapporti tra
amministrazione  e  contribuente.  Principio  questo  che deve essere
osservato   non   solo   dall'amministrazione   finanziaria  in  fase
applicativa,  ma  anche  dallo stesso legislatore tributario all'atto
dell'emanazione   delle   fonti  normative  (Cass.  14  aprile  2004,
n. 7080).  A detto presupposto, ritiene questa commissione di doversi
attenere.  Orbene  non  v'e' dubbio che il principio di correttezza e
buona  fede  e'  riconducibile all'art. 97 della Costituzione essendo
evidente  che  in  assenza di correttezza e di buona fede non possono
certo   essere   assicurati  «il  buon  andamento  e  l'imparzialita'
dell'amministrazione».
    Con  specifico riferimento all'inosservanza del termine minimo di
sessanta  giorni  da  assegnare al contribuente per gli adempimenti a
suo  carico,  viene,  altresi', in rilievo la violazione dell'art. 24
della  Costituzione.  E'  da  ritenere,  infatti,  che il legislatore
medesimo abbia considerato il termine di sessanta giorni, come quello
minimo  indispensabile  perche'  il  contribuente possa esplicare gli
adempimenti  a  suo  carico  a tutela dei suoi diritti e, quindi, del
diritto alla difesa.
    A  nulla  rileva  poi che l'art. 24 della Costituzione non figuri
fra  quelli  richiamati  dall'art. 1,  primo comma, dello Statuto del
contribuente.  L'elencazione  contenuta  in quest'ultima disposizione
normativa  e'  da considerare, infatti, non tassativa, ben potendo il
giudice  ordinario,  nel  rocedimento di individuazione di ipotesi di
contrarieta'  fra legge ordinaria e principi costituzionali, scorgere
in  alcune norme dello Statuto del contribuente la estrinsecazione di
principi  costituzionali deducibili da altre disposizioni della Carta
costituzionale,  oltre  quelle  espressamente richiamate dalla citata
legge ordinaria n. 212/2000.
    Premesso  quanto  innanzi gli atti del procedimento vanno rimessi
dinanzi  alla  Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 2 della legge
11 marzo 1953, n. 87.